Ardor in festa per il compleanno di Aldo Buratto
Noi all’Ardor abbiamo una grande fortuna, o forse anche più di una: ci guida la tradizione. E la tradizione è molto più che storia, ricordi, valori, persone… è tutto questo insieme. È un’idea che vive di vita propria, grazie a tutti coloro che, consepevolmente o anche solo inconsciamente, hanno contribuito a darle la vita. Uomini del passato che non ci sono più, uomini che hanno fatto la storia giallorossa e che sono oggi più in gamba che mai, dirigenti vecchi e nuovi, tecnici e collaboratori, mamme e papà, nonni, giocatori grandi e piccini. E poi soprattutto loro, i piccolissimi, bambine e bambini che allacciano le scarpe da calcio per la prima volta e si mettono a correre dietro a quella palla senza sapere ancora bene cosa farne ma con una certezza che gli leggi negli occhi e ti apre il cuore: quella palla è gioia pura. A loro, e a noi, basta questo e tutto il resto non conta. È quella maledetta voglia di vivere che ti spinge a correre a perdifiato perché c’è qualcuno che crede in te.
Ieri sera, nel locale bar del nostro centro sportivo in borgata Madonna, a San Francesco al Campo, l’idea dell’Ardor era lì, più viva che mai, nel cuore di una serata organizzata con semplicità e riuscita alla perfezione perché non serviva nient’altro che lasciar correre le emozioni. Il protagonista (nel caso non si capisse dalle immagini…) era il nostro presidente Aldo Buratto, felice di ricevere per il suo compleano una maglia firmata da tutti i dirigenti, i collaboratori e gli amici, un po’ meno felice forse nel leggere il numero 80 sul dorso… lui che da storico portiere dell’Ardor di un tempo era abituato a portare il numero uno. Ma in fondo quell’80 non è che un dettaglio, perché Aldo Buratto resta il numero uno, con o senza maglia da portiere. Altrimenti non ricorderebbe ancora fiero tutti i rigori parati, uno per uno, compresi “i due parati contro il Mathi” (e non ricorderebbe nemmeno così chiaramente anche l’autore dei falli che quei rigori avevano procurato).
Altrimenti non avrebbe fatto tutto ciò che ha fatto in questi anni per sostenere la società, soprattutto economicamente ma non solo, come ha ricordato il vicepresidente e amico (e autore di qualcuno di quei falli da rigore) Dario Capra. Altrimenti questa non sarebbe l’Ardor, come ha sintetizzato il presidente onorario Gabriele Araudo nel ricordare fra gli altri la figura di don Bonetto e i valori assimilati in tanti anni di vita dalla società giallorossa. Già, perché qui all’Ardor i numeri uno ci piacciono un sacco.
Anche se sul dorso della maglia c’è scritto 80. Tanti auguri, Aldo.